Ciclo filmico di flusso, Pensieri sui film visti

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view post Posted on 25/6/2020, 23:48     +1   -1
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Dragaster Excuriam

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Ho visto Porcile di Pier Paolo Pasolini (1969).
Sono due film uniti insieme, ma non ho capito da cosa sono uniti: in uno c'è un borghese di una famiglia tedesca moderna che ha una relazione strana con una ragazza e non ci si fidanza perché scopa i maiali. In tutto questo ci sono interminabili minuti di discussioni filosofiche e da romanzo borghese dell'Ottocento.
Nell'altro c'è un ragazzo in un posto non specificato (parrebbe l'Etna... è un posto di montagna, desertico) e in un'epoca non specificata (comunque non moderna, parrebbe il Sei-Settecento), dove lui si ciba di ogni cosa come farfalle e serpenti, ma poi si accorge che la carne umana è buona e quindi, con un gruppo di persone (che non si capisce da dove sbuchino dato che per buona parte del film è solo) rapisce pellegrini/soldati e se li mangia.
Se la storia 1 è piena di noiosissimi dialoghi e di fatto si parla appena, nella storia 2 non c'è nessun dialogo e anche quando il ragazzo e i suoi cannibali vengono catturati e il magistrato legge la sentenza, la sua voce viene annullata da una campana che suona a morto. Solo alla fine, prima dell'esecuzione, il ragazzo ripete tre volte una breve frase.
L'unico personaggio presente sia in uno sia in due è Ninetto Davoli, che però ha un ruolo pressoché inutile.
I due protagonisti maschi sono bravi e particolari: uno (il borghese) è lo stesso ragazzo dei 400 colpi cresciuto, mentre l'altro (il cannibale) è pure un francese che mi assomiglia un po' perché è emaciato e spigoloso. Ugo Tognazzi interpreta un personaggio secondario che non ha alcun senso interpretato da lui.
Detto questo, se il film ha un messaggio politico, io non l'ho capito. Forse non sono stato attento, dato che il film l'ho visto in 2 sere e mi stavo addormentando sempre, specialmente nei lunghissimi dialoghi del borghese con la fidanzata.
Non so neanche se sia giusto dargli un voto, dato che dichiaro di non averlo capito (specialmente non ho capito il legame tra la prima e la seconda storia), ma dato che li do a quasi tutti da tradizione, direi 4. Punti positivi: bravi i protagonisti, bellissimi paesaggi dell'Etna.
 
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view post Posted on 26/6/2020, 07:25     +1   -1
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CITAZIONE (pv @ 31/3/2020, 10:09) 
Dove poi ha girato il primo episodio di Porcile. A me pareva una colata lavica del tipo polveroso ( Vulcano o Stromboli) ma vado a vedere e comunque ho riconosciuto la somiglianza! ;)

Addendum da Wiki : in Sicilia: valle dell'Etna (tentazioni nel deserto)

CITAZIONE
Porcile -Pasolini
E' meglio essere mangiati dai lupi o dai maiali?
Il primo protagonista e' mangiato dai lupi, il secondo dai maiali.

La parte "contemporanea" e' una parodia del nazismo. Ovvero la pseudo caccia ad ex gerarchi che trattavano i deportati come ora trattano i maiali nel Porcile. Porcile luogo catartico dove prima si consuma l' amplesso e poi se ne viene divorati. Comprensibilissima.
Quella "medioevale" e' meno comprensibile, forse si riferisce a : "Mangiate il mio corpo, bevete il mio sangue."

Non mi e'piaciuto, in Porcile, che si parli male dei tedeschi, e pure dei maiali …

Eppoi vedere assieme Tognazzi, Lionello e Ferreri e' da antologia del cinema.

Voto 8.

Di porcile ricordo che su telecapodistria , verso il '76
CITAZIONE
Quanto alla programmazione cinematografica, per la maggior parte si trattava di pellicole che in Italia non passavano (es. film di Petri, Rosi, Lizzani e Pasolini). Il palinsesto prevedeva un film a sera - quando Rai ne trasmetteva uno alla settimana – molto sport in diretta, informazione, documentari, musica, cartoni animati. I film erano trasmessi in lingua originale con sottotitoli su due righe, sopra sloveno e sotto italiano.

E trasmetteva pure il giovedì credo, film "oseè" . Quel giovedì c'era Porcile, il TV era 15 pollici, o meno, naturalmente in bianco e nero. Dopo qualche minuto, quando di nudo c'era solo il "mistico" dell' Etna l' ho piantato lì e sono passato a letture piu' istruttive.
Rivisto a maggio dopo 45 anni...

Edited by pv - 26/6/2020, 10:11
 
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Ho visto La via lattea (La Voie lactée) di Luis Buñuel (1969). Non mi aspettavo molto, invece è un film davvero bello e mi dispiace di non averlo scelto come film del mese. Parla di due improbabili personaggi che nemmeno si conoscono ma si trovano per qualche motivo assieme in Francia per fare il cammino di Santiago per motivi tutt'altro che religiosi, ma "per fare un po' di soldi". Sono una coppia un po' comica (uno anziano e credente, l'altro giovane e miscredente), poverissimi, degli straccioni malvestiti e con bagagli scomodissimi che prendono mezzi di fortuna (nemmeno vogliono fare il pellegrinaggio camminando, loro vogliono solo arrivare a Santiago il prima possibile) e chiedono l'elemosina facendo sorrisi a 54 denti e fingendo di pregare le statuine della Madonna per intenerire la brava gente: sono chiaramente l'admin del forum e Cough Ferati.
In questo cammino incontrano dei personaggi stranissimi, magici, surreali, tra cui un prete ricoverato in manicomio, una setta catara uscita dal Medioevo i cui componenti parlano solamente in latino, una suora che costringe le consorelle a crocefiggerla, un duello tra un gesuita e un giansenita usciti probabilmente dal Settecento, un angelo custode che arriva troppo tardi (interpretato dallo stesso attore spigoloso che faceva il cannibale nel film Porcile), eccetera.
Questi personaggi sono utili per presentare tematiche religiose sulla figura di Cristo, i misteri dell'eucarestia e i dibattiti teologici; tutto questo però non è trattato in maniera pesante o filosofica, ma in maniera quasi scanzonata, felice.
Una scena veramente pazzesca è quando si ritrovano nel giardino di una specie di scuola infantile e loro fingono di pregare la statua della Madonna per farsi invitare al convivio: qua la direttrice fa esibire i bambini che ripetono delle frasi violentissime della Bibbia (anatemizzando i peccatori) mentre il più giovane dei due vagabondi ha una specie di allucinazione delirante che sfocia nella fucilazione del papa; solo che quando lo fucilano, anche i presenti sentono lo sparo, e un distinto signore gli chiede "Cosa sta succedendo? C'è forse un poligono di tiro qui vicino?" e lui fa "No no, ero io: immaginavo che fucilavano un papa", e il signore prosegue tranquillamente la discussione.
Alla fine i due arrivano a Santiago, ma invece di entrare in città si appartano con una prostituta. Poi c'è una scenetta di Gesù che ridà la vista ai ciechi ma si capisce che in realtà non riesce a guarirli e finisce il film.
Le cose negative sono che effettivamente come regia è datato (non però quanto mi sarei aspettato) e che a un certo punto non si capisce bene perché i due protagonisti non vengono più seguiti, ma rimpiazzati con altri due personaggi poco chiari, che non si capisce bene chi sono e che ruolo hanno.
Come voto gli do 7.5, un film bello e divertente, ma datato.
 
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Ho visto Unbroken (2014, Angelina Jolie), un film biografico che tratta la storia di Louis Zamperini, ex atleta olimpico italoamericano che ha dovuto interrompere la sua carriera perché richiamato durante la Seconda Guerra Mondiale nelle operazioni nelle Hawaii, e poi internato in un campo di prigionia.
Il film si può dividere in tre parti:
1) Quando combattono la guerra nelle Hawaii e ci sono molti flashback della sua infanzia e dei suoi primi successi.
2) Quando l'aereo su cui sta facendo la missione va in avaria e precipita nel Pacifico; si salvano in tre e sopravvivono per molti giorni nell'oceano perdendo un compagno (anche qua ci sono alcuni flashback).
3) Quando viene internato nel campo di prigionia e trattato malissimo da un caporale giapponese pazzo che ce l'ha con lui per qualche inspiegato(bile) motivo (edit: leggo su Wiki che sarebbe perché è geloso che alle olimpiadi 1936 ha battuto il concorrente giapponese... non penso siano così coglioni di mettere un pretesto simile, ma chi lo sa).

Il film non si discosta dai soliti film americani di guerra, che a me non piacciono molto. Non è nemmeno particolarmente scorrevole (specie la seconda parte, quella dell'oceano) e dura più di due ore (molto). Non è malissimo, comunque, e ci sono aneddoti interessanti perché ad esempio durante una tempesta in mare si vota a Dio (cosa da un lato molto americana e dall'altro molto italiana).
La cosa negativa più grande è che è un film stereotipatissimo, dove gli americani sono tutti soldati bravi, buoni, fedeli, mentre i giapponesi sono dei figli di puttana schizati sadici. Alla seconda posso anche credere, perché anche Fosco Maraini lo ha scritto nella sua autobiografia e comunque penso davvero siano un popolo di malati mentali, per questo mi stanno simpaticissimi; ma che gli americani siano degli angeli non ci credo molto. E' tutto molto semplicistico e non mi pare strano che - leggo da Wikipedia - in Giappone si siano indignati.
Il voto che do è 5,5.
 
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In una serata all'aperto, ieri ho visto Caos calmo (2008) di Antonello Grimaldi. E' un film tratto da un libro di Sandro Veronesi.
La trama è veramente semplice: un uomo dell'alta borghesia (non capisco mai perché non parlino di poveracci come noi) perde di colpo la moglie che - pare - non abbia mai amato (poi vi dico cosa me lo fa pensare) e si ritrova solo con la figlioletta e un fratello invadente ma positivo che ogni tanto gli dà una mano nei momenti no facendogli fumare oppio. L'uomo ha una specie di "reazione inerte" e smette di andare a lavorare (rimanendo comunque pagato e, anzi, gli viene offerto il ruolo di direttore generale ma lui non lo accetta), piazzandosi nel giardinetto sotto la scuola della figlia. In questo giardinetto si crea una specie di routine interrotta solo da conoscenti del protagonista che vanno a parlargli tutti i giorni, confidando le loro pazzie.
Lui riuscità a tornare alla normalità grazie alla figlia, che si esprime come una 35enne laureata, e che nella storia riveste il ruolo di aiutante.
In questo poi ci sono un sacco di personaggi e di eventi difficilmente spiegabili, tipo che lui ha salvato una donna in mare poco prima che la moglie morisse e la donna lo ha aggredito ma poi se l'è scopata di fronte al giardino dove è morta la moglie (scena eccitante con Isabella Ferrari, non l'avrei mai detto). Ecco perché penso che non amasse la moglie, oltre al fatto che non ne parla mai e non pare proprio essere stato legato a lei.
La cosa positiva del film è che è scorrevole e, con tutti quei personaggi ed eventi (veramente molti) non annoia. Poi la trama è così semplice che comunque si vuole arrivare alla fine e vedere cosa succede; suscita curiosità. Buona l'interpretazione di alcuni attori, tra cui Nanni Moretti (il protagonista) e la bambina, anche se il suo personaggio è irreale. I punti negativi sono che è una storia che non dà proprio niente, è un film che mi dimenticherò in una settimana, non lo consiglierei mai. Non ho capito propriamente il senso del film, ma forse sono io troppo gretto, non so. Se dovessi dire la morale, direi: "Se ti muore a caso la moglie non fare un cazzo e lascia fare tutto alla bambina, andrà tutto bene".
Voto: 5,5.
 
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Dragaster Excuriam

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CITAZIONE (Gioppino Tregozzi @ 21/7/2020, 11:01) 
In una serata all'aperto, ieri ho visto Caos calmo (2008) di Antonello Grimaldi. E' un film tratto da un libro di Sandro Veronesi.
La trama è veramente semplice: un uomo dell'alta borghesia (non capisco mai perché non parlino di poveracci come noi) .....

Ognuno c' ha i suoi gusti, pero' la frase citata non la tollero.
Ognuno parla di quello che gli pare.
Vuoi un film di pezzenti? Guardati Parasite.
Comunque al film io darei 7 , per l' originalita'.
 
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view post Posted on 21/7/2020, 13:24     +1   +1   -1
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Dragaster Excuriam

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CITAZIONE (pv @ 21/7/2020, 14:08) 
CITAZIONE (Gioppino Tregozzi @ 21/7/2020, 11:01) 
In una serata all'aperto, ieri ho visto Caos calmo (2008) di Antonello Grimaldi. E' un film tratto da un libro di Sandro Veronesi.
La trama è veramente semplice: un uomo dell'alta borghesia (non capisco mai perché non parlino di poveracci come noi) .....

Ognuno c' ha i suoi gusti, pero' la frase citata non la tollero.
Ognuno parla di quello che gli pare.

Infatti.
Però persisto a non capire perché anche in Italia bisogna riallacciarsi ai modelli hollywoodiani dei manager di multinazionali che vivono in ville, dato che fortunatamente qua poche persone sono così.
Poi facciano quello che vogliano, tanto quel film è talmente irreale che quella cosa del manager trilingue con la villa è tra le meno irreali.
 
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Pierpazzo pieno di cocaina

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Io pure detesto i film e i libri dove gli unici mestieri contemplati sono l'architetto o il pubblicitario ricco.
 
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Dragaster Excuriam

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parlano di chi li ha scritti, non se ne esce senza cambiare questo fatto
 
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Mercoledì 22 luglio ho visto The Big Sick - Il matrimonio si può evitare... l'amore no (The Big Sick, 2017) di Michael Showalter. Il film è una specie di commedia romantica con elementi di dramma. (Purtroppo) tratto da una storia vera. La trama parla di un pakistano che è cresciuto e vive in USA ed è combattuto tra i dettami della famiglia integralista islamica e la vita di un ragazzo americano. Questo sfocia soprattutto quando incontra una bella bionda americana che si scopa la prima sera e che stravede per lui, amandolo alla follia, mentre lui dice una serie di balle e temporeggia perché non può fidanzarcisi né presentarla alla famiglia; alle cene di famiglia, gli vengono presentate sempre ragazze pakistane diverse per il matrimonio combinato, che lui rifiuta, ma non dice niente a lei. Quando lei scopre il tutto, lo molla piangendo disperata e lui continua la sua vita senza colpo ferire. Poi però lei si ammala e rischia la morte e allora lui prende una decisione e le sta vicino, venendo accettato quasi subito dai genitori di lei, mentre i suoi veri genitori, appena sanno il tutto, lo espellono dalla famiglia.
Gli attori sono bravi, specialmente l'americana, la storia scorre bene, ma non ha colpi di scena. Appena lei si ammala si capisce già come finirà la storia.
Voto: 5.5.

Anche se non inficia sul voto, lo dico lo stesso: dal punto di vista etico/politico è l'ennesimo film-propaganda e non si capisce (retoricamente parlando, in realtà si capisce fin troppo) perché siano tutti uguali e non ce ne siano invece di americani che si innamorano di pakistane e poi le famiglie accettano il tutto. Eh no, se finisce così il regista finisce ammazzato, comunque nessun regista (specialmente se ebreo, come questo) se ne guarderebbe. Avanti così. Fra l'altro fa ridere come abbiano ridicolizzato le donne pakistane, una serie di ragazze senza personalità che vengono presentate e non hanno alcuna intelligenza o sentimenti. Nemmeno un pensiero per loro.

CITAZIONE (Cough Ferati @ 21/7/2020, 21:58) 
parlano di chi li ha scritti, non se ne esce senza cambiare questo fatto

Beh dai, non penso che Sandro Veronesi sia direttore della sede italiana di una multinazionale :asd: Forse sarebbe meglio dire che parlano di chi vorrebbero essere coloro che scrivono quei canovacci.
 
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Ieri ho visto In mezzo scorre il fiume (A River Runs Through It, 1992) di Robert Redford. Film molto conosciuto, tratto dall'ononimo libro di tale Norman Maclean (mai coverto). Non avevo molte aspettative, infatti pensavo di non andare, dato che la proiezione era a Salò, poi però sono andato al lago e quindi ne ho approfittato. Ho fatto benissimo, perché il film mi è piaciuto moltissimo, da tempo non vedevo un film così interessante.
La vicenda parla di due fratelli, dalla loro infanzia fino all'età adulta, ed è narrata dal primogenito da anziano. I fratelli sono figli di un pastore scozzese e vivono in una cittadina (poco più di un villaggio) del Montana. L'unica passione che hanno in comune con il severo padre è la pesca con la mosca (il film indugia spesso, talvolta con tecnicismi autistici che non ho ben compreso). Il fratello maggiore ha un animo più introverso e cupo, si laurea e diventa professore stando spesso lontana da casa, ed è scuro di capelli come me. Il fratello più piccolo (interpretato da un giovane Brad Pitt) è una testacalda, molto estroverso, si fa amare ma anche odiare, non studia e rimane sempre nella cittadina, ed è biondo come mio fratello. Nonostante le loro differenze e gli screzi, hanno un rapporto di rispetto e di stima reciproca. Il film è piuttosto lungo e fino a quasi la fine non si capisce dove vuole andare a parare. Il senso (la morale) è che spesso quelli vicino a noi hanno bisogno di essere aiutati, ma noi non sappiamo come fare. Non dico altro perché spoilerei tutto.
La fotografia è davvero spettacolare, ci sono posti vasti e bellissimi, tantissima natura. Il finale mi ha fatto commuovere e non me l'aspettavo così triste, perché il film non era così drammatico.
Come voto gli do 8, sicuramente mezzo voto è dato dalla fotografia. Scopro su Wiki che l'unico oscar l'ha preso lì e non mi stupisce. Bel film.
 
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Ieri ho visto il film Il viaggio di Yao (Yao, 2018) di Philippe Godeau.
Parla di un senegalese attore di successo, che vive in Francia ed è figlio di emigranti. Deve tornare in Senegal, la sua partia d'origine, che non ha mai visto dal vivo, e vuole andare con suo figlio, nato dall'unione con una francese rossa di capelli. La francese - una donna ombrosa e rancorosa - è una vile e si inventa scuse per non fare andare il figlio, quindi lui deve partire da solo. Arrivato in Senegal, ha alle sue dipendenze un manager bianco orrendo, una specie di nano inutile, mentre altri bianchi lo acclamano e vogliono farsi selfie con lui. C'è però un bambino, Yao, che parte da un villaggio col sogno di andare a conoscere questo attore, arriva a Dakar e lo incontra. L'attore (Mr. Tall) capisce che il bambino è povero e quindi lo fa stare nella sua stanza e il giorno dopo si offre di riaccompagnarlo in taxi al suo villaggio. Qua inizia il vero "viaggio": infatti Tall dovrà abituarsi ai ritmi africani e riscoprire la gioia della sua terra, che contrasta enormemente con la frenesia e la tristezza dell'Europa. Spesso le persone che incontra gli dicono "Parli come un bianco"/"Ragioni come un bianco" o "Sei nero fuori ma bianco dentro", deluse di vederlo così (mi chiedo che fine potrebbe fare un regista che fa un film esattamente contrario a questo). A un certo punto incontra anche una donna artista, interpretata dalla musicista maliana Fatoumata Diawara, e ne nasce subito un amore: è chiarissima la differenza di femminilità di questa africana allegra e geniale, intelligente e passionale, rispetto alla ex moglie europea triste e stupida, meschina e fredda. La donna però esce di scena poco dopo, in modo un po' assurdo, forse rapprensenta la personificazione dell'Africa sedotta e abbandonata dai bianchi? Non lo so.
In questo viaggio Tall inizia ad affezionarsi a questo bambino e decide prima di posticipare il suo rientro in Francia, poi a perdere l'aereo, fermandosi altri giorni in Senegal. Porta Yao a vere il mare e poi a casa, dove viene accolto con balli e tutti sono felici: Yao diventa il figlio che lui vorrebbe veramente, un figlio africano, non quel figlio mulatto triste che ha preso i connotati negativi dei "bianchi". Verso la fine c'è un bell'incontro con una sciamana che dice delle cose belle riguardo la patria e la terra dei padri; fortumante non è un film "di bianchi" se no sarebbe visto come un messaggio nazista.
Cose positive del film: è un bel film di viaggio/formazione, bellissima fotografia con begli scorci sulle terre steppose del Senegal, buona colonna sonora, bravissimo il bambino che interpreta Yao.
Cose negative del film: non è un film curatissimo, in certe parti è un po' ingenuo; non si capisce il ruolo della Diawara, sostanzialmente non porta niente ai fini della trama oltre al confronto impietoso con l'europea che non vale una sua unghia; il doppiaggio è poco curato nel caso dei personaggi secondari, che sembrano persone a caso che leggono la parte.
Come voto gli do 6,5. A me come film è piaciuto, non lo consiglio perché è un film politicissimo che sprezza gli occidentali, però se non ci si fa prendere troppo dalla cosa è un film anche carino. A me poi ha fatto ridere, anzi direi che mi ha fatto piacere, che per una volta non sia screditato soltanto il maschio bianco, ma anche la donna bianca, che è vista veramente come una carogna schifosissima che fa del male al figlio pur di fare un dispetto al marito. In più, tutte le varie accuse sulla colonizzazione e sull'Europa che traspaiono ogni due-tre minuti di pellicola, mi hanno fatto sorridere.

Questo il trailer:
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Ieri sera ho visto Si può fare (2008) di Giulio Manfredonia. E' un film direi "sociale", parla delle cooperative sociali composte (e talvolta dirette) da malati di mente che, negli anno Ottanta, in seguito alla legge Basaglia, erano da integrare nella società mentre poco prima li chiudevano nei manicomi in condizioni inumane. Anche dal punto di vista scolastico (ma ovviamente non se ne parla del film) è importante, perché abolirono le "classi speciali" e quindi tutti quelli con problemi e handicap vengono inseriti in classi normali. C'è un dibattito in ballo, perché non tutti (a distanza di 30 anni) sono d'accordo su questo. Secondo me sono passati da un estremo (isolarli completamente dalla società e trattarli come reietti) all'altro (pretendere che siano normali e aspettarsi che tutti li accettino come normali).
Ma va bè, parliamo del film. Il protagonista Nello (Bisio, che a me piace molto anche nei ruoli seri) è un sindacalista di sinistra che viene cacciato dal sindacato e viene trasferito in questa cooperativa, dove delle persone con differenti problemi (autistici, ossessivi, stravaganti, violenti, qi basso, etc...) svolgono lavori tristissimi, come mettere i francobolli sulle lettere e i prezzi sulle olive. Nello allora cerca di spronarli a fare qualcosa in più, ma loro inizialmente prendono male la cosa, per poi iniziare a fidarsi di lui perché vedono che non li tratta come dei poveri mentecatti e perché va contro al dottore che li imbottisce di farmaci. Inizia così la carriera di questa cooperativa, che si occupa di pavimentazione sfruttando le capacità degli "ossessivi" di creare disegni a mosaico con scarti di legno (bellissima la frase di uno dei matti: "Noi lavoriamo con gli scarti, noi siamo una cooperativa di scarti"). Tuttavia, il sogno di questa cooperativa si frantuma quando due dei "matti" pretendono di fare veramente vita normale e non ce la fanno. Nello si scoraggia, ma alla fine, con l'aiuto anche del dottore che prima era un nemico, torna sui suoi passi e riprende le redini della cooperativa e della sua vita personale.
E' un film abbastanza delicato, certamente interessante, che ha il difetto di essere un po' troppo schematico, tanto da essere piuttosto irreale in certe parti (la cooperativa inizia a lavorare bene da zero, poi una bella ragazza esce con un matto, etc, tutti artifizi piuttosto superficiali per fare andare avanti la trama). Gli attori sono molto bravi, specialmente alcuni di quelli che interpretano i matti.
Come voto gli darei 7.
 
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Visto il film del mese di Luglio, L'Isola

Ho cercato su internet dei frame del film, e mi ha stupito ritrovarmi a guardare un ambiente più bello e aperto di quanto non mi fosse sembrato nella visione (forse è solo merito del mare). Questo perché nello svolgersi delle scene invece mi era parso tutto claustrofobico e immobile (le capanne in legno dove abitano i monaci non si discostano tanto dall’isolotto di macerie che i nazisti hanno fatto saltare in aria… anzi, sono proprio lo stesso posto, no? Nonostante il trascorrere degli anni per padre Anatolij il tempo si è fermato lì, i sensi di colpa ce lo hanno inchiodato).
Ho sgamato l’epilogo della trama fin da quando, nei primi minuti, i gendarmi nazisti hanno costretto il protagonista a sparare al proprio superiore per aver salva la vita
SPOILER (click to view)
(conta davvero per la coscienza di Anatolij che quel colpo sia andato o no a segno? Anatolij ha comunque premuto il grilletto).

Il momento in cui ho sentito di più la carica emotiva del film però è stata la guarigione da parte di A di un bambino storpio davanti alle cui gambe malferme la medicina si era oramai arresa (il bambino è stato operato, visitato… i dottori non riescono a spiegarsi perché non cammini). Una volta compiuto il miracolo (mi ha fatto sorridere lo sdoppiamento farsesco della personalità di Anatolij tra servo e santone), la madre del bambino insiste per lasciare subito l’isola (deve andare a lavorare) e allora Anatolij glielo strappa dalle braccia intimandole di trovare del tempo per contemplare e ringraziare quanto successo, le dice che se i due dovessero andar via prima di averlo fatto il bambino si riammalerà e prova a convincere la donna millantando un allagamento improvviso che aveva fatto chiudere la cooperativa dove avrebbe dovuto recarsi la mattina dopo.
Le effettive capacità di imporre le mani e guarire del monaco restano un punto interrogativo (sto leggendo un libro che spiega cosa succedeva in epoca sovietica a chi chiedeva di poter andare all’estero, e fossi stata in A non avrei consigliato alla gente di vendere tutto per partire alla ricerca di un congiunto che sarà ormai bello che schiattato invece che in spiaggia sulla costa francese come si è immaginato lui), però proprio la ritrosia nell’accettare acriticamente il suo giudizio ed i suoi dettami è il punto.
SPOILER (click to view)
C’è un ammiraglio che va a farsi curare dal prete magico, e però quando Anatolij gli dice che la figlia è posseduta inclina la testa sospettoso e dice che gli sembra una di quelle pazzie da superstiziosi. Quando Anatolij inizia a sciorinare salmi alla domanda del suo superiore sul perché le sue camere stiano andando a fuoco, quello si tappa le orecchie e dice “Oh fa silenzio zitto zitto zitto”.

Questo genere di siparietti col suo capo sono divertenti (mia prefe la scena in cui gli altri monaci gli fanno un elenco scritto dei mille fastidi che Anatolij arreca loro – incluso che puzza, che fa tardi a messa, che si genuflette dalla parte sbagliata, che beve il tè zuccherato – e lui risponde yooo vi ricordo che non siamo al comitato sorveglianza cittadini), soprattutto quando tentano la convivenza forzata e con la scusa che la maggior parte dei peccati si annida all’interno degli stivali, Anatolij brucia il sacco a pelo che il suo capo si era portato dietro.

Ogni volta che la nostra Meredith Grey risolve un caso si trova a confessare il suo "peccato originale"; inevitabilmente ci si mette a pensare a cosa c'è dietro questo bisogno di confessione, di condivisione delle colpe, e ai modi con cui si cerca di espiarle.
 
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1235 replies since 3/3/2011, 19:13   10700 views
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