Ho trovato un
articolo su una poesia lirica greca arcaica erotica riscoperta da poco. La poesia non è il fulcro del topiz, ma lo è piuttosto il commento degli eruditi che vogliono negare la paternità di Archiloco o che affermano che fosse uno psicopatico.
La poesia in sé parla dell'autore che, disinnamoratosi della sua ex perché zoccola, per spregio violenta la sorellina giovane della ragazza. Questa la traduzione del frammento:
...resistere del tutto
e intanto farti forza come me.
Ma se non hai pazienza e il cuore ha fretta,
c’è ancora in casa nostra la ragazza
- ora è pazza di te -
una vergine tenera e carina
perfetta e irreprensibile, mi pare,
che tu fai piangere."
Così diceva; ed io le rispondevo:
"O figlia della nobile Anfimedo,
santa donna che adesso
è preda della terra putrefatta,
i giochi dell'amore sono tanti
per i giovani maschi,
a parte quello sacro...
Vedrò di accontentarmi.
Al calar della notte
a Dio piacendo
decideremo insieme quale scegliere
io e te.
Sarò ubbidiente, farò tutto quello
che mi comandi.
Ti voglio. Fammi entrare
di là dal muro e dalla porta - no,
non resistermi, amore: approderò
sopra l’erba del prato...
E adesso sta' a sentire: Neobùle
la prenda qualcun altro.
Eh sì! Purtroppo è sfatta,
caduto il fiore della sua verginità
e la grazia d’un tempo.
Non ha limiti
è pazza, pervertita, quella donna.
È da buttare ai corvi.
Non la voglio
una donna del genere al mio fianco,
farei ridere tutto il vicinato.
Oh no, io voglio te: tu non sei doppia
non sai mentire tu,
lei sa come ingannare,
donna dai mille volti.
Ho paura con lei:
per impazienza,
per fretta corro il rischio
di far cuccioli ciechi e prematuri
sai, proprio come la famosa cagna..."
Così dicevo, e intanto
la vergine
l'avevo presa.
Su un tappeto di fiori la distesi
coperta col mio morbido mantello
circondandole il collo con un braccio
immobile, spaurita
proprio come una piccola cerbiatta.
Con le mani
i seni dolcemente le toccai
dove la pelle intatta
tradiva appena la sua pubertà.
E accarezzando tutto il suo bel corpo
la bianca forza emisi
sfiorando appena la peluria bionda.
Questo l'articolo:
CITAZIONE
Vi proponiamo una rarità assoluta: il magnifico e scandaloso Epodo di Colonia 7511, uno dei più sensazionali ritrovamenti dell'ultimo secolo. Scoperto in un papiro usato per avvolgere una mummia egiziana, identificato dopo dieci anni di studi da Fackelmann e pubblicato nel 1974 da Merkelbach e West, esso è stato attribuito con certezza quasi assoluta ad Archiloco, uno dei massimi esponenti della lirica greca arcaica (VII-VI secolo a.C.), anche perché palesemente riecheggiato da autori più tardi, soprattutto da Orazio (Epodo XI).
Lo shock che la scoperta dell'epodo ha provocato nel mondo filologico è stato enorme: si va dal tentativo, in verità ingenuo, di negare la paternità archilochea del brano per offrire all'autore una garanzia di serietà morale - della quale il diretto interessato avrebbe con ogni probabilità fatto a meno -, alla scandalizzata affermazione dello stesso editore dell'epodo, Merkelbach, secondo il quale Archiloco sarebbe stato "ein schwer Psychopath" ("uno psicopatico grave": il che può essere, ma nulla toglie alla sua genialità) [
], alla spiritosa trovata di Peter Green, che in un suo articolo (Times Literary Supplement, 14 marzo 1975, p. 272) intitola il brano "The Last Tango on Paros" ("Ultimo tango a Paros").
[...]
La vicenda ivi narrata (probabilmente da Archiloco stesso ad uno o più amici: ma in quale contesto?) riporta alla tragica storia d'amore fra Archiloco ed una ragazza soprannominata Neobùle, con una tale precisione da destare in alcuni critici il sospetto che possa trattarsi di un falso costruito appositamente per dare una prova dell'effettiva realtà di questa torbida love story (da taluni messa in dubbio): ma tutto - il metro, la lingua, le citazioni omeriche, la cruda evidenza delle descrizioni, il livello stilistico, la probabile ambientazione nel kèpos (= giardino) del santuario di Era, luogo di convegno erotico delle coppiette di Paro, il riferimento a concezioni etiche arcaiche (ad esempio la convinzione che la ragazza di facili costumi sfiorisca precocemente) - tutto, dicevamo, riconduce al giambografo di Paro.
Di questa vicenda ci sfuggono i contorni esatti, ma dalle indicazioni di altre fonti sembra di poter dedurre che Archiloco avrebbe abusato della sorellina minore di Neobùle (poco più che una bambina) per vendicarsi del tradimento della sorella maggiore, con cui era stato fidanzato. La storia si concluse - pare - con il suicidio delle due sorelle e del loro padre Licambe, irrimediabilmente diffamati dai giambi dello spietato poeta.
E proprio a questa terribile storia sembra riferirsi il brano, da cui emana un fascino perverso ed inquietante: infatti, sebbene il giambo sia mutilo dell'inizio, è chiaro che il poeta vi descrive, con quella sconcertante naturalezza che è tipica del suo stile, la scena della seduzione ai danni di una vergine; quest'ultima dice di essere imparentata con Neobùle, ed è forte, per non dire inevitabile, la tentazione di riconoscere in lei la sorella minore; se questo è vero, siamo di fronte non soltanto ad un esempio straordinario della potenza della poesia archilochea, ma anche ad un documento storico-letterario di eccezionale importanza, che ci consente di gettar luce su alcune misteriose vicende relative alla vita di questo poeta "maledetto".
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