Con la citazione di Paolo Conte, apro un topiz dove potremo postare quadri/dipinti/incisioni/affreschi/miniature/sculture/stampe, insomma, cose visive, magari analizzandoli, ma non è necessario.
Recentemente ho visto una splendida foto che mostra delle lastre di ghiaccio nel Lago Superiore (USA): E allora mi è riemergerso subito nella mente, pur con le debite proporzioni (dramma compreso), questo famoso e suggestivo dipinto di Caspar David Friedrich, datato 1823-24, in cui l'artista rappresenta il naufragio nel Mar Glaciale Artico: le enormi, aguzze lastre di ghiaccio si confondono con i contorni ormai indefiniti dei rottami della nave. Pare di sentire quasi i gemiti della carcassa stritolata da quei lastroni, emblema della potenza delle forze della natura. Qua tutto appare sia letteralmente sia metaforicamente gelido e sinistro: Caspar David Friedrich (1774-1840), Il mare di ghiaccio, 1823–24, olio su tela (98x128 cm), Hamburger Kunsthalle, Amburgo.
Riguardo il dipinto di ieri, volevo dire che a Maurizio, l'uomo della Giuly, mette un senso di glaciale serenità. E io stavo pensando che la cosa bella delle rappresentazioni o creazioni artistiche è che molte volte ciascuno di noi può leggerci/vederci/sentirci quel che soggettivamente gli viene più d'istinto leggervi/vedervi/sentirvi... e non tanto per ciò che concerne un eventuale fatto storico (come in questo caso, dove si tratta infatti della rappresentazione - o meglio, rivisitazione e interpretazione - di un episodio tragico realmente accaduto nel Mar Glaciale Artico) quanto per ciò che riguarda il fatto metafisico che può essere celato nel fatto stesso rappresentato. Pensate che Friedrich sentiva di dare una lettura del tipo "naufragio della speranza" di quell'episodio (obiettivamente perchè storicamente drammatico, e metafisicamente perché simbolico di una situazione di percezione di tragedia interiore ben più vasta di quella storicamente accaduta e che gli pervadeva l'animo). Altri invece - come Maurizio, l'uomo della Giuly, ma non solo, che tra l'altro è un attento e sensibile osservatore delle cose artistiche e padre di un gay - nella loro interpretazione e libera fruizione dell'opera d'arte possono al contrario leggerci ben altro, sentirvi ben altro... finanche una "glaciale serenità", come ha detto lui.
Il riferimento al mare e a Maurizio, che vorrebbe starsene in tranquillità là, mi ha fatto venire in mente un bel dipinto di Gennaro Villani, un importante artista napoletano attivo nella prima metà del Novecento anche in Francia, oltre che naturalmente in Italia, e che si distinse anche come insegnante alla Accademia delle Belle Arti: Gennaro Villani (1885-1948), Ristorante D’Angelo, 1945, olio su tavola (25x32 cm), in vendita qua. Si tratta di un'opera dai colori tenui e dalla luce morbida, in cui la terrazza che offre un panorama mozzafiato sul Golfo di Napoli è anche un ristorante. Dal punto di vista musicale mi fa balzare alla mente la bellissima, dolcissima canzone di Fabio Concato dal titolo In trattoria, in cui questo ispirato e geniale cantore-poeta delle cose semplici e genuine della vita offre a mio avviso una prova davvero di grande intimità, tenerezza e sensibilità musicale e letteraria insieme, "seduto in quella piccola trattoria sul mare...". Inserito pure il video e il testo del poeticissimo pezzo di Concato, anche se non siamo nella sezione L'angolo del Rospo...
CITAZIONE
In trattoria Seduto in questa piccola trattoria col giornale, in uno di quei pochi giorni in cui sto bene anche con me e sto saltando tutte quelle notizie che fanno male e oggi non ce n'è...
Seduto in questa piccola trattoria sul mare, in uno di quei giorni in cui saprei parlare pensa, anche d'amore, c'è solo un altro tavolo con due persone, ma come è bello il mare fuori stagione e com'è dolce questo sole e questa calma che c'è in me.
Vorrei che non finisse questa giornata al mare e questi miei pensieri così carini che ormai non faccio più. Sarebbe così bello se fossi qui con me a mangiare: potrei tentare di spiegarti cosa sento, quanti profumi arrivano che porta il vento; sarà perché viviamo sempre tanto in alto, non li sentiamo più.
Seduto in questa piccola trattoria col giornale e un cameriere che non vede mai nessuno e ha voglia di parlare e mi racconta strani prodigi del mare, mi piace così tanto stare ad ascoltare. "Se vuole ancora bere o mangiare mi chiami: io sono qua!".
E intanto sta finendo questa giornata al mare e sta finendo questo sole di febbraio che se ne va... Sarebbe così bello se fossi qui con me a viaggiare: potrei tentare di spiegarti cosa sento di tutte queste immagini che porto dentro, in uno di quei pochi giorni in cui sto bene anche con me.
Seduto in quella piccola trattoria sul mare, con quel camerierino così gentile che ormai non ce n'è; lo sai che non ho perso il vizio di smarrirmi e di cercare, ma ci saprei tornare in quella trattoria: vienici con me!
A 0.50 c'è anche una fotografia di Jurambalco da giovane e il "camerierino" ha i vapelli più brutti e assurdi dei miei.
E che è tutta sta cultura!? Ma non sapete che fior fior di pensatori hanno sentenziato che "con la cultura non si mangia"? E in Italia, patria della cultura del rinascimento (e non solo), chi ha dichiarato ciò è rimasto al potere pure per 20 anni! Ma non possiamo farci niente, don Fabrizio preferisce giustamente farsi scopare dagli adolescenti, ma noi invece parliamo di arte, pur a sproposito.
Anche stasera, vista di nuovo l'ora, ho pensato che potesse starci bene un'opera notturna spettacolare di Vincent Van Gogh: Vincent Van Gogh (1853-1890), Terrasse de café le soir, 1888, olio su tavola (81 x 66 cm), Rijksmuseum Kröller-Müller, Otterlo.
L'autore amava rappresentare notti stellate sia con terrazze dei caffè, sia sul Rodano. Di fronte un capolavoro così plastico, così vivido, c'è poco da dire... c'è solo da rimanere estasiati a guardare quasi trattenendo il respiro, ancor di più se poi si pensa che il genio olandese in vita sua riuscì a vendere solo un quadro e morì di fatto povero, dopo essersi sparato un colpo di pistola anche per sopravvenuti problemi psichici. Solo suo fratello Theo, mercante d'arte che in ogni modo cercò sempre di aiutarlo, lo amava profondamente, tanto che probabilmente non resistette alla perdita di Vincent e morì anch'egli a distanza di pochi mesi.
Riguardo l'arte e le stelle, ecco invece come Giacomo Leopardi (1798-1837) vedeva e soprattutto sentiva il suo cielo stellato, senza la scienza di oggi che spiega (o vorrebbe spiegarci) tutto e ci dice (o vorrebbe dirci) tutto, ne Le ricordanze (1829), una lunghissima poesia della quale inserisco soltanto i primi 12 versi: Vaghe stelle dell'Orsa, io non credea tornare ancor per uso a contemplarvi sul paterno giardino scintillanti, e ragionar con voi dalle finestre di questo albergo ove abitai fanciullo, e delle gioie mie vidi la fine. Quante immagini un tempo, e quante fole creommi nel pensier l'aspetto vostro e delle luci a voi compagne! allora che, tacito, seduto in verde zolla, delle sere io solea passar gran parte mirando il cielo...
Ed eccole qui, le vaghe stelle dell'Orsa Maggiore:
Anche domani sera vorrei proseguire con Van Gogh e i suoi quadri "notturni" o "stellati".
Ed eccoci qua a parlare sempre di Van Gogh, grande pittore e uomo dalla vita alquanto problematica. Stasera vi proporrò questo capolavoro sommo, che tutti hanno visto almeno una volta nella propria vita, sui media o nei libri: Vincent Van Gogh(1853-1890), Nuit étoilée sur le Rhône, 1888, olio su tavola, 73 x 92 cm, Musée d'Orsay, Parigi.
Guardate com'è vivida la pittura... le stelle paiono che sfavillino davvero, sembra più una webcam che un quadro!
Stavolta vorrei fare un collegamento musicale. Quest'opera mi fa venire in mente la notte nella sua accezione più poetica, più romantica (in senso letterale). Ieri abbiamo considerato Giacomo Leopardi nella poesia e ora Fryderyk Franciszek Chopin nella musica. Posterò l'interpretazione di uno dei notturni più famosi del musicista polacco (ma naturalizzato francese) vissuto nella prima metà del XIX secolo (nato a Żelazowa Wola nel 1810 e morto a Parigi nel 1849, a soli 39 anni), definito dalla critica musicale "il poeta del pianoforte". Si tratta del Notturno op. 9, N. 2:
Ho scelto questa interpretazione toccante, emozionata ed emozionante di Yundi Li, un pianista cinese di 38 anni, che ha mostrato fin da giovane uno strepitoso talento, fin dall'età di quattro anni, quando suonava le canzoni di Sanremo alla mamma, specialmente quella del Papa Nero. Nella sua già lunghissima biografia si legge che è stato il più giovane e il primo di nazionalità cinese a vincere il Concorso pianistico internazionale Frédéric Chopin di Varsavia... sticazzi!
Mi prendo una pausa dall'arte e vado a scopare i trans.
Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio (1571-1610), Amor vincit omnia, 1602-1603, olio su tela (156x113 cm), Gemäldegalerie, Berlino.
Questo dipinto - il cui titolo è derivato dalla locuzione latina Omnia vincit amor (L'amore vince ogni cosa) - è stato eseguito su commissione del marchese Vincenzo Giustiniani. Da un punto di vista iconologico, rappresenta la vittoria dell'amore sulle arti, qui riconoscibili nella partitura, nei libri e negli strumenti musicali ai piedi del fanciullo. Come modello, posò il garzone preferito di Caravaggio, Cecco Boneri, che si dice fosse suo amante, ma a noi di questi pettegolezzi tristissimi non ci frega un cazzo. Il gioco di luci e ombre sulle ali è qualcosa di meraviglioso. Bestemmio vedendo che il quadro si trova a Berlino, assaltiamo Berlino cazzo!
Bellissimi questi vostri dipinti, veramente, mi commuovo, inauguro una galleria d'arte e divento un procacciatore di opere d'arte antiche e dimenticate!
Giorgio de Chirico (1888-1978), Le muse inquietanti, 1917-1919, olio su tela (97x67 cm), collezione privata, Milano.
Che dire... una delle più importanti opere della pittura metafisica. In questo spazio aperto dalle prospettive errate sono situate in primo piano due statue classiche: una eretta e l'altra seduta su un basamento. Entrambe le figure hanno la testa di un manichino e sono circondate da oggetti, mentre sullo sfondo vi è una terza statua maschile. Sullo sfondo si riconosce il Castello Estense di Ferrara affiancato a una fabbrica. L'atmosfera risulta irreale e onirica, silenziosa e straniante... Il titolo del quadro è azzeccatissimo: i manichini diventano veramente delle muse inquietanti.
Bravo anche questo indiano d'America a stilizzare la Natura: Notevole la loro bravura... Trovo molto interessanti i loro lavori, ma non solo: il loro stesso modo di vedere la vita è ammirevole. Si sentono fusi con la Natura, ne fanno parte, la reputano una sorella, un po' come San Francesco d'Assisi nel suo Cantico delle creature.
