Il pesce palla, nel suo rituale di corteggiamento, passa il suo tempo spazzando la sabbia con coda e pinne per creare dei disegni sulla sabbia che possano colpire la femmina del pesce palla, in modo che essa scelga lui come partner. Sono delle robe così --->
Secondo me è interessante perché i disegni non hanno niente a che fare con la virilità dei maschi (la grandezza di certe parti del colpo, la capacità di allontanare gli altri maschi) o con la capacità di provvedere alla prole (è il caso di quegli uccelli che scelgono come compagno il maschio che crea il nido più bello e colorato). Anche se in realtà la spiegazione si riconduce ancora a questo, perché se il pesce palla riesce a passare abbastanza tempo concentrato a fare il madonnaro vuol dire che è in grado contemporaneamente di procacciarsi del cibo e di difendersi dai nemici con grande abilità, al punto da potersi permettere questo lusso.
Ho cercato su internet dei frame del film, e mi ha stupito ritrovarmi a guardare un ambiente più bello e aperto di quanto non mi fosse sembrato nella visione (forse è solo merito del mare). Questo perché nello svolgersi delle scene invece mi era parso tutto claustrofobico e immobile (le capanne in legno dove abitano i monaci non si discostano tanto dall’isolotto di macerie che i nazisti hanno fatto saltare in aria… anzi, sono proprio lo stesso posto, no? Nonostante il trascorrere degli anni per padre Anatolij il tempo si è fermato lì, i sensi di colpa ce lo hanno inchiodato). Ho sgamato l’epilogo della trama fin da quando, nei primi minuti, i gendarmi nazisti hanno costretto il protagonista a sparare al proprio superiore per aver salva la vita
(conta davvero per la coscienza di Anatolij che quel colpo sia andato o no a segno? Anatolij ha comunque premuto il grilletto).
Il momento in cui ho sentito di più la carica emotiva del film però è stata la guarigione da parte di A di un bambino storpio davanti alle cui gambe malferme la medicina si era oramai arresa (il bambino è stato operato, visitato… i dottori non riescono a spiegarsi perché non cammini). Una volta compiuto il miracolo (mi ha fatto sorridere lo sdoppiamento farsesco della personalità di Anatolij tra servo e santone), la madre del bambino insiste per lasciare subito l’isola (deve andare a lavorare) e allora Anatolij glielo strappa dalle braccia intimandole di trovare del tempo per contemplare e ringraziare quanto successo, le dice che se i due dovessero andar via prima di averlo fatto il bambino si riammalerà e prova a convincere la donna millantando un allagamento improvviso che aveva fatto chiudere la cooperativa dove avrebbe dovuto recarsi la mattina dopo. Le effettive capacità di imporre le mani e guarire del monaco restano un punto interrogativo (sto leggendo un libro che spiega cosa succedeva in epoca sovietica a chi chiedeva di poter andare all’estero, e fossi stata in A non avrei consigliato alla gente di vendere tutto per partire alla ricerca di un congiunto che sarà ormai bello che schiattato invece che in spiaggia sulla costa francese come si è immaginato lui), però proprio la ritrosia nell’accettare acriticamente il suo giudizio ed i suoi dettami è il punto.
C’è un ammiraglio che va a farsi curare dal prete magico, e però quando Anatolij gli dice che la figlia è posseduta inclina la testa sospettoso e dice che gli sembra una di quelle pazzie da superstiziosi. Quando Anatolij inizia a sciorinare salmi alla domanda del suo superiore sul perché le sue camere stiano andando a fuoco, quello si tappa le orecchie e dice “Oh fa silenzio zitto zitto zitto”.
Questo genere di siparietti col suo capo sono divertenti (mia prefe la scena in cui gli altri monaci gli fanno un elenco scritto dei mille fastidi che Anatolij arreca loro – incluso che puzza, che fa tardi a messa, che si genuflette dalla parte sbagliata, che beve il tè zuccherato – e lui risponde yooo vi ricordo che non siamo al comitato sorveglianza cittadini), soprattutto quando tentano la convivenza forzata e con la scusa che la maggior parte dei peccati si annida all’interno degli stivali, Anatolij brucia il sacco a pelo che il suo capo si era portato dietro.
Ogni volta che la nostra Meredith Grey risolve un caso si trova a confessare il suo "peccato originale"; inevitabilmente ci si mette a pensare a cosa c'è dietro questo bisogno di confessione, di condivisione delle colpe, e ai modi con cui si cerca di espiarle.
Nel film del mese (Film d'amore e anarchia etc etc) c'è una canzone "Amara me", che è un arrangiamento di Nino Rota basato su un vecchio canto popolare abruzzese che parla di una donna rimasta vedova che non sa come sfamare adesso la famiglia. Il testo all'inizio è simile ma poi manca di qualche strofa (la vedova scacciata quando chiede la catità, lo stigma della "strega", la sua preghiera perché trovi un idiota qualunque - uno "sterpone", o "montone", che la sposi... Metto il testo nello spoiler sotto). Le versioni che ho trovato online del canto abruzzese sono meno belle della canzone del film, che !! è cantata in dialetto napoletano
Il saggio sull'immigrazione straniera in IT parte dal 45 (in effetti non lo avevo detto, il sottotitolo è "dal 1945 ai giorni nostri", perdono), il papa a cui fa riferimento è Papa Giovanni Paolo II per via dell'attentato dell'estremista turco dei Lupi Grigi.
Sono citate un bel po' di organizzazioni russe, ci sono un mucchio di nomi (quella dello sfregiarsi la faccia ad esempio era un'idea del sottogruppo Inferno dell'Organizzazione di Nikolaj Isutin) ma ad un certo punto sì, parla anche di Sergej Necaev e dei suoi rapporti - affinità di pensiero e differenze - con Bakukin (tre paginette circa)
di conseguenza parla anche di Vera Zasulic che proveniva appunto dalla cerchia di SN e spara al governatore di S Pietroburgo (essendo una donna finisce che la stampa si convince, sbagliando, che si tratti di un delitto passionale, e la assolvono). Sul libro dice che Turgenev ci scrive un poema in prosa chiamato Sulla Soglia, ma non sono riuscita a trovarne info online.
tra le altre persone su cui Bakukin esercitò la sua influenza c'era va beh anche Carlo Cafiero, che ho scoperto essere di Barletta!! non lo sap
Mentre cercavo ho ritrovato anche questa chicca sugli Apofasimeni (una setta patriottica italiana di Carlo Bianco) che nel testo del giuramento, quando si parlava dell'eventualità del tradimento di uno degli adepti, conteneva le parole (che andavano recitate): "Voglio che mi sian levati gli occhi dalla testa, strappata la lingua dalla bocca, tagliato e scorticato il corpo a poco a poco; che mi vengano stracciate le budella; che un veleno corrosivo mi corroda con dolori e spasimi i polmoni e lo stomaco con i più acerbi dolori". Invitante come incentivo.