Grazie Padre Pio + Lupi Giustizieri

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view post Posted on 27/7/2010, 13:55     +1   -1
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Dragaster Excuriam

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Giovan Gastoni de' Medici
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Un’altra nottata all’insegna dei filmbrutti

1. Introduzione e viaggio
Dopo quella merda di Basket Case, la Compagnia dei Filmbrutti si era sciolta, un po’ come la Compagnia dell’Anello; le nostre coscienze avevano un disperato bisogno di tornare alla normalità.
Tuttavia, circa due mesi fa, incontrai in un locale di Torbole Casaglia il caro Despair e notai che anche lui, come me, sentiva il bisogno di riunirci per sfidare la Morte (dell’anima). Dopo aver parlato per qualche tempo di alcuni film pessimi, come Dracula 3000, La croce delle sette pietre, i seguiti di Basket Case, ci siamo lasciati in parola di riunire la Compagnia.
Questo si è verificato puntualmente la serata di venerdì 19 marzo 2010. Stavolta la location è cambiata: non più la taverna di Murder, ma l’antro di Despair, che mi aveva avvisato di vestirmi in modo pessimo perché “la stufa è un po’ vecchia e fa odore”. Ottimo.
Incontro il vecchio Magus e scendiamo a Lograto; non sappiamo l’indirizzo esatto, quindi non ci resta che entrare in un parcheggio di una vecchia fabbrica, probabilmente ora adibita a poliambulatorio, disturbando visibilmente una coppietta appartata in macchina, che se ne va maledicendoci. Non troviamo la casa e Murder arriva in nostro soccorso, come uno spirito evocato dall’oltretomba; ci porta da Despair. Dopo essere entrati in un cortile, seguiamo il “buio” ed arriviamo ad uno stanzino a pianoterra dove sta uscendo un fumo tremendo, che pare quasi quello di un tir in panne. Despair si giustifica dicendo «non s’accendeva il fuoco ed ho buttato un sacco di carta»; entro dalla finestrella e noto che l’ambienta è realmente malsano ed orrendo, l’ideale per i Filmbrutti. Murder si assenta per un’ora e facciamo conoscenza degli altri partecipanti: stavolta non c’è mr. Master, impegnato da un appassionante torneo di bocce tra ottuagenari all’oratorio; si aggiungono però Luca e il fratello di Despair, che per comodità chiamerò “Fratello di Despair”.
Dopo aver giocato a Band hero, in cui abbiamo fatto naturalmente schifo e dopo aver posizionato il nanetto Dotto, che diventa il Patrono dei Filmbrutti ed ha pure un buco sotto (è bene ricordarlo), Despair inserisce il primo film, che iniziamo a guardare nonostante la mancanza di Murder, che è andato a salvare il mondo per l’ennesima volta.

2. Grazie Padre Pio
Ebbene sì, il primo film della serata è un mediometraggio di 40 minuti realizzato da due cantanti napoletani di borgata, Gigione e il figlio Jo Donatello, con il solo scopo di autopromuoversi.
Il film è rapportabile ad un filmato amatoriale; realizzato senza un vero e proprio budget e con l’audio rigorosamente dal vivo, colpisce per la sua assurdità nella trama e per i personaggi, veramente tremendi.
Già dall’inizio si nota quanto la trama sia delirante: Gigione deve assentarsi e raccomanda a Jo Donatello di prendersi cura di mammà, tuttavia lui si mette a camminare come un deficiente per le strade e incontra un tipo losco, che si trova in giro con due mignottone. Il tizio gli presenta l’amica, una bionda truccata in modo più che volgare e vestita come una prostituta di strada e gli scrocca il passaggio sulla sua BMW; arrivati in un ristorante tremendo, situato in un edificio vetusto, la coppia parla e dopo cinque minuti Jo Donatello promette amore eterno a quella donna, testimoniato da uno zoom che cambia velocità sulle loro mani che si uniscono. Successivamente, i due iniziano a camminare per Napoli, sotto lo sguardo dell’altra coppia, e arrivano in posti strani, come un molo in bianco e nero, dove si vedono solo due colori: l’azzurro delle barche costeggiate e il verde della melma. Non abbiamo capito il motivo, eppure è così.
Jo Donatello e consorte arrivano sulla spiaggia e il nostro inizia a cantare una canzone: tutti noi ci aspettavamo qualcosa di due minuti, invece la canzone ne dura sicuramente più di cinque ed è una sorta di riproposizione delle canzoni di Gigi d’Alessio, se possibile con testi ancora più scontati e sdolcinati. Durante l’assolo, vengono ripresi i due che si guardano attorno e partono immagini di vedute di Napoli, che avevamo già sorbito nelle scene iniziali.
La canzone finisce con il magnifico e realistico effetto di fade-out e Jo Donatello si accorge che la sua mignotta è abbacchiata (non possiamo biasimarla); le chiede se forse non le era piaciuta la canzone e lei pronuncia la mitica frase «sono triste perché c’è ggente che muore per la libbertà».
Ora, faccio una digressione doverosa su questa frase: domandatevi come possa un registra partorire una frase tanto brutta, fuori contesto, ridicola e inutile di questa. Ma più che altro domandatevi se dovesse succedere a voi: portate fuori una ragazza e le fate un regalo carino, magari una canzone melensa ed irritante e lei vi guarda e vi dice questo. Meraviglioso.
Meravigliosa è anche l’espressione di Jo Donatello, che rimane allibito e annuisce piano; la ragazza, prontamente aggiunge «oh, ma non pensiamo a queste cose e baciamoci». I due iniziano a rotolarsi nella sabbia non tanto pulita della spiaggia pubblica napoletana, fino a quando vengono richiamati dall’altra coppia. Prima di lasciarsi, la puttana di Jo Donatello gli dà appuntamento per la sera stessa, e Jo Donatello si presenta in un oratorio con il cabinato di Tekken 3; questo ambiente tipicamente parrocchiale è la sede di un Don mafioso. La ragazza fa le presentazioni e il Don dice che avrebbe bisogno di un pilota per le gare clandestine; la ragazza aggiunge che vincendo quei soldi aiuterebbe la gente che lotta per la libertà, quindi Jo Donatello accetta, promettendo di vincere sia per lei, che per il Don.
La notte stessa, i due, che si conoscono da sei ore circa, sono a letto e la ragazza lo ringrazia per la vittoria (come abbia gareggiato non si sa), dicendogli che se continuerà a vincere avrà il suo amore (tipico topos femminile), ma anche i soldi che arrivano dalle vittorie delle gare clandestine (è inutile sottolinearlo, dato che già si sa da dove arrivano, ma lei lo fa con enfasi, quindi riporto).
Ad un certo punto si notano queste gare: sono fatte per la strada con due macchine (la sua BMW e un’Alfa), che viaggiano alla stessa velocità delle altre auto. Emozionante.
Nel frattempo Gigione torna a casa; la moglie gli dice qualcosa di incomprensibile per lo stesso pubblico napoletano, dato che l’audio è dal vivo, quindi disturbato e la donna ha la voce bassissima. Comunque gli dice anche che Jo Donatello non è più tornato a casa e dorme sempre “fuori” con una donnaccia. Gigione arriva dal Don, ma viene cacciato, quindi cammina per la strada e dal bosco esce un frate che gli dice di dargli 1000 lire per Padre Pio; gliele dà e l’uomo gli dice che c’è un autobus per Pietralcina e che se si ritroverà là alle 7, Padre Pio farà la grazia. Gigione, quindi, parte per Pietralcina e sull’autobus canta una tarantella allegra e insensata su Padre Pio, che ancora ho nelle orecchie; i frati fingono di suonare la chitarra e i vecchietti cantano terribilmente fuori tempo. Un alto momento musicale. L’idea di una tarantella per Padre Pio è quasi un’eresia ed il testo sembra una presa in giro. Una scena emozionante ed importantissima ai fini della trama è l’autobus che non riesce a fare una curva e fa una manovra di un minuto; non abbiamo capito il senso, probabilmente simboleggia qualcosa, ma il concetto è tanto alto che ci sfugge.
Nel mentre, Jo Donatello scopre la sua puttana che se la fa con il Don mafioso davanti a una fioriera, ma la ragazza gli dice che non è come pensa e che deve partire per aiutare quelli che lottano per la libertà. Il Don aggiunge che forse non la rivedranno più.
Rimasto senza la mignotta, Jo Donatello si redime e torna da mammà, che gli racconta che suo padre è a Pietralcina; quindi, Jo Donatello arriva in un battibaleno e si ricongiunge al padre, non prima di aver detto che le persone che aveva conosciuto «non sono poi tanto cattive».
Naturalmente, questo è un asservimento alla camorra, un po’ come quando Gigi d’Alessio suona ai matrimoni camorristi; era inconcepibile dire che il Don fosse un lurido camorrista ricettatore che organizzava gare clandestine per il centro di Napoli, violando l’incolumità, ed avesse un giro di prostituzione. No, in realtà il Don è un brav’uomo e dirò anche che la camorra … chi l’ha vista?
Il film si conclude con il ricongiungimento dei due, che cantano in un ristorante e, come sottolinea Magus, per una volta l’audio è pulito perché utilizzano le apparecchiature del ristorante stesso. La canzone che cantano invece non si discosta dai canoni di questo film: una merda.
Il film si conclude lasciandoci con l’amaro in bocca, dato che in effetti la puttana non è più tornata e non abbiamo capito chi sono quelli che lottano per la libertà.
Nel frattempo è arrivato Murder e Despair mette nella stufa le pizzette: ci attende un altro film.

3. Lupi Giustizieri
Questo film non posso descriverlo con minuzia di particolari perché dura più del doppio di Grazie Padre Pio, ma ci sono alcune cose da specificare. Innanzitutto, è stato comprato alla cieca da Despair per 5 euro alla fiera di Montichiari. Poi, il titolo è fuorviante: in realtà il titolo originale è Canine Enforces, quindi i lupi non c’entrano niente, ma trattasi dei cani della polizia (poi vedremo che anche questo non è del tutto vero). Inoltre, la copertina è tremenda: si vede un cane ripetuto con Photoshop, per dare l’effetto di più cani e sul retro hanno applicato una descrizione che non vuol dire niente e due fotogrammi piccolissimi e sgranati, in cui non si vede assolutamente nulla.
Detto così, mi sarei aspettato, dato che parla di eroina, un film degli anni Ottanta, invece perplimo nel constatare che è probabilmente di inizio anni Settanta, girato peraltro in Sudafrica.
Ora, le prime scene sono di rissa e violenza, tipica dei film di fine anni Sessanta, con una musichetta godibile ma fuori contesto e la scena che si blocca per inserire i nomi degli attori, supportata da un’eco terribile, per poi ripartire improvvisamente.
Un’altra cosa che devo sottolineare è che la trama, per metà film, è di una lentezza e noia terribile, ma dopo la metà decolla e si stravolge totalmente: parrebbero due film fatti da due persone dal carattere e dalla mentalità opposta, saldati malamente assieme. Questo crea un effetto davvero disturbante, anche perché la scorrevolezza della prima parte è quella che potremmo aspettarci da una balena arenata sulla spiaggia di Napoli mentre Jo Donatello copula con la prostituta, mentre la seconda parte è veloce quanto una bomba atomica sganciata su Napoli per liberarci di Jo Donatello.
Riassumendo la prima parte, si può dire che la polizia è alla ricerca di chi sta dietro al giro di droga che sta minando la gioventù sudafricana: tramite l’ausilio dei cani, che si notano solo in una scena, fanno irruzione in un locale, ma Marco, il narcotrafficante, riesce a fuggire, facendo ingerire ad un ragazzo un quantitativo di eroina che manderebbe all’altro mondo pure Bad Spenser (omaggio al Manenti). Miracolosamente il ragazzo, che è fratello della donna del poliziotto, si salva, ma non vuole collaborare con loro, non si sa bene il motivo dato che lui non è neppure un tossicodipendente, ma si è trovato lì per caso.
La scena spartiacque tra prima e seconda parte, che legittima un po’ il titolo, è quando si vedono per circa dieci minuti i cani che vengono addestrati, con sottofondo una musichetta da circo, suonata allegramente dalle fanfare. Il poliziotto dona al ragazzo un cane scarto, cioè un cane poliziotto inadatto a fare il cane poliziotto e la scena, finalmente, finisce. Da qui, il tutto degenera.
Infatti, i poliziotti inseguono un drogato in scimmia, che viene portato all’ospedale e Marco, il narcotrafficante, dopo aver ucciso con un’iniezione di morfina il drogato, si ritrova nello stanzino vestito da dottore, con la presenza del ragazzo, della sorella e del poliziotto. Il poliziotto saluto il finto dottore, che risponde al saluto, poi gli tira addosso un tavolino ed esce, facendo volare una guardia. La scena, davvero inconcepibile, è stata rivista quattro volte, ma non ne abbiamo capito il senso. A questo punto è il delirio, è inutile descrivere anche perché diventa tutto così convulso e slegato, che è impossibile da ricostruire cronologicamente.
Dirò solo che i narcotrafficanti, aumentati di numero, vogliono a tutti i costi rapire il ragazzo e la ragazza, e non se ne capisce davvero il motivo, dato che potrebbero semplicemente darsi alla fuga. Inoltre, appare un personaggio grigio di capelli, che non si capisce che ruolo abbia, ma è un altolocato; egli perde la figlia, uccisa dai narcotrafficanti e collabora con loro. Appare anche un vecchietto di ottantacinque anni, vestito da medico e con una ridicola bombetta, che viene ucciso dal narcotrafficante.
Ad un certo punto, alcuni beoni si intrufolano nella macchina della polizia e staccano la radio, così tanto per; questo fatto influisce negativamente, dato che per dieci minuti il poliziotto si lamenta di non poter chiamare i soccorsi. Questa è realmente una delle scene più pretestuose di sempre.
Altre annotazioni possono essere che il narcotrafficante Marco spara con il fucile ad un elicottero e riesce a disarmare prima e uccidere poi un poliziotto, oppure che i negri fanno sempre ruoli servili e viene addirittura distrutta una fattoria di un negro così, senza motivo: questo è il chiaro segno che il film è stato girato nella Repubblica Sudafricana pre-Mandela.
Il film finisce con una scena convulsa e senza alcun senso, tranne che si vede il cane, si blocca l’immagine e si sente l’eco pessimo del cane che abbaia.
Si può dire che questo è proprio un trash eccezionale, dato che riesce ad offrire due tipi di spettacolo: il primo è quello del film piatto, banale, lento, palloso; il secondo è quello del film totalmente insensato, con la trama inconcepibile e pretestuosa. Si pensi che a un certo punto la macchina del narcotrafficante esce da un fienile, e si mette a fuggire da quella del poliziotto senza radio; neanche nelle commedie demenziali.
Possiamo solo dire che il titolo italiano è totalmente erroneo e fuorviante, ma già quello in lingua originale si poneva sul limite, dato che i cani poliziotto non sono certo il tema portante di questo film e l’unica scena che ne giustificherebbe il titolo è posta al centro del film ed è completamente slegata dallo stesso.
In definitiva, Despair ha detto che questo film non è stato recensito da nessuno dei siti appositi, quindi questa è stata una scoperta trash importantissima, una specie di Sbronzo di Riace riscoperto nel Mar Brutto, una nuova terra avvistata nelle paludi stagnanti di un oceano marcio.
La serata si è conclusa con le foto di rito, poi siamo tutti andati a Pietralcina a chiedere a Padre Pio di perdonarci e redimerci, ma soprattutto di aiutare quelli che combattono per la libertà utilizzando dei cani addestrati e delle colonne sonore improbabili.
 
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