Item, mon corps j'ordonne et laisse - François Villon (1431-1463) Item, mon corps j'ordonne et laisse à nostre grant mère la Terre; les vers n'y trouveront grant gresse, trop lui a fait faim dure guerre. Or lui soit délivré grat erre: de terre vint, en terre tourne. Toute chose, se par trop n'erre, voulentiers en son lieu retourne.
Metto in ordine il mio corpo Metto in ordine il mio corpo e assieme lo offro / alla nostra grande madre Terra; i vermi non troveranno molto grasso, la fame gli ha fatto una guerra troppo dura. Ora gli sia concesso ampio spazio: da terra è venuto, in terra ritorna. Ogni cosa, quando viaggia troppo, ritorna volentieri al suo posto.
Ad occhio mi pare che il francese medioevale sia molto piu' simile all' attuale di quanto lo siano italiano e inglese.
Ad occhio mi pare che il francese medioevale sia molto piu' simile all' attuale di quanto lo siano italiano e inglese.
Però va a sapere qual è stata l'evoluzione filologica del bel testo che ho postato, anche perché ne avevo trovate più versioni differenti. I copisti, copiando il testo nel corso degli anni, emendavano ciò che loro consideravano errori, rendendo l'originale più vicino alla loro lingua
Te ne vai senza di me, mia vita. Tu scorri. Ed io, io non ho ancora fatto un passo. Porti altrove la battaglia. Mi abbandoni così. Io non ti ho mai seguita.
Nelle tue offerte non ci vedo chiaro. Quel poco che voglio, non me lo dai mai. È per questa mancanza che aspiro a tanto. A tante cose, quasi all’infinito… Per questo poco che mi manca, che tu non mi dai mai.
La città - Konstantinos Kavafis (1863-1933) Hai detto: «Andrò in un'altra terra, su un altro mare. Ci sarà una città meglio di questa, dove ogni mio sforzo è votato al fallimento, dove il mio cuore è sepolto come un morto. Fino a quando patirò questa mia inerzia? Se mi guardo intorno, non vedo che nere macerie e solitudine e rovina della mia vita, qui dove tanti anni ho trascorso».
Non troverai altre terre, non troverai altri mari. La città ti verrà dietro. Andrai vagando per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere; in queste stesse case imbiancherai. Finirai sempre in questa città. Verso altri luoghi – non sperare – non c'è nave, non c'è strada per te. Come hai distrutto la tua vita qui in questo cantuccio, tu l'hai sciupata nel mondo intero.
Monotonia - Konstantinos Kavafis (1863-1933) Un giorno monotono è seguito da un monotono identico giorno, immutabile. Si faranno le stesse cose e si rifaranno ancora, nuovamente. Momenti uguali vengono e se ne vanno.
Un mese passa e arriva un altro mese. Le cose che succedono s'immaginano senza sforzo: sono le cose di ieri, fastidiose e noiose. Finisce che il domani non sembra più un domani.
L'hai amata, vero? - Charles Bukowski (1920-1994) "L'hai amata, vero?" Lui sospirò "Come posso risponderti? Lei era matta" Sì passò la mano tra i capelli "Dio se era tutta matta. Ogni giorno era una donna diversa Una volta intraprendente, l'altra impacciata. Una volta esuberante, l'altra timida. Insicura e decisa. Dolce e arrogante. Era mille donne lei, ma il profumo era sempre lo stesso Inconfondibile Era quella la mia unica certezza. Mi sorrideva sapeva di fregarmi con quel sorriso Quando sorrideva io non capivo più nulla Non sapevo più parlare ne pensare Niente, zero C'era all'improvviso solo lei Era matta, tutta matta A volte piangeva Dicono che in quel caso le donne vogliono solo un abbraccio Lei no Lei si innervosiva Non so dove si trova adesso ma scommetto che è ancora alla ricerca di sogni Era matta tutta matta Ma l'ho amata da impazzire”.
La notte prende in segreto - Rainer Maria Rilke (1875-1926) La notte prende in segreto dai tuoi capelli dimenticati riflessi tra le pieghe della tenda. Guarda, desideravo soltanto le tue mani tra le mie
e quiete e silenzio e in me profonda pace.
Così la mia anima s'accresce e spezza in mille schegge la monotonia dei giorni; e si fa immensa: sul suo molo al chiarore dell'alba muoiono le prime onde dell’eternità.
La dieta - Aldo Fabrizi (1905-1990) Doppo che ho rinnegato pasta e pane, so’ dieci giorni che nun calo, eppure resisto, soffro e seguito le cure… me pare ‘n anno e so’ du’ settimane.
Nemmanco dormo più, le notti sane, pe’ damme er conciabbocca a le torture, le passo a immagina’ le svojature co’ la lingua de fòra come un cane.
Ma vale poi la pena de soffrì lontano da ‘na tavola e ‘na sedia pensanno che se deve da morì?
Nun è pe’ fa’ er fanatico romano; però de fronte a ‘sto campa’ d’inedia, mejo morì co’ la forchetta in mano!
Io vivrei di poesia porcatroia, che detto così sembra il commento di una ragazzina, però vivrei di poesia davvero. Mi fa pensare, mi distrae, mi commuove, mi fa sognare, mi fa incazzare, mi fa ridere...
Ti ho sognata - Nazim Hikmet (1902-1963)
Ti ho sognata mi sei apparsa sopra i rami passando vicino alla luna tra una nuvola e l'altra andavi, e io ti seguivo ti fermavi e io mi fermavo, mi fermavo, e tu ti fermavi, mi guardavi e io ti guardavo ti guardavo e tu mi guardavi poi tutto è finito.
La dieta - Aldo Fabrizi (1905-1990) Doppo che ho rinnegato pasta e pane, so’ dieci giorni che nun calo, eppure resisto, soffro e seguito le cure… me pare ‘n anno e so’ du’ settimane.
Nemmanco dormo più, le notti sane, pe’ damme er conciabbocca a le torture, le passo a immagina’ le svojature co’ la lingua de fòra come un cane.
Ma vale poi la pena de soffrì lontano da ‘na tavola e ‘na sedia pensanno che se deve da morì?
Nun è pe’ fa’ er fanatico romano; però de fronte a ‘sto campa’ d’inedia, mejo morì co’ la forchetta in mano!
Sempre sua, Omaggio alla spigola La spigola arivata l’antro giorno, Madonna mia, pareva ‘na balena: E me la sò gustata a pranzo e cena Pe’ primo, pe’ seconno e pe’ contorno. Bollita, fritta, arosto, ar sugo, ar forno, So’ stato nove giorni a panza piena. Insomma è stata come ‘na novena In onore dell’azienda de soggiorno. Però più ch’er profumo e la freschezza Er comprimento ch’o gradito assai È stato quello della gentilezza. E me sò detto: aho, si sò native de Anzio ‘ste persone, Comm’è che lì c’è nato Calligola e Nerone?
Spesso, per ritornare alla mia casa prendo un'oscura via di città vecchia. Giallo in qualche pozzanghera si specchia qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va dall'osteria alla casa o al lupanare, dove son merci ed uomini il detrito di un gran porto di mare, io ritrovo, passando, l'infinito nell'umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio che bestemmia, la femmina che bega, il dragone che siede alla bottega del friggitore, la tumultuante giovane impazzita d'amore, sono tutte creature della vita e del dolore; s'agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia il mio pensiero farsi più puro dove più turpe è la via.
Lettura:
So che Saba non è molto amato al giorno d'oggi, e in questo forum è stato anche osteggiato, ma io ho un debole per lui. Certo, sono poesie semplici, con un tono medio, senza scossoni, però sono belle, piacevoli, rilassanti... Perciò "Forza Saba" e vaffanculo Enrico Varriale!