Ieri ho visto su Prime, facendolo vedere in seconda media per Educazione civica Mission (The Mission, 1986) di Roland Joffé. Il film lo conoscevo, ma non l'avevo mai visto. Avevo iniziato a vederlo da solo, ma poi ho notato che era proprio bello e potevo usarlo in Educazione civica, dato che avevo carta bianca per far vedere un film che trattasse del tema sulla diversità. So che ormai si parla di diversità solo per parlare di gay e della terribile condizione della donna vittima del patriarcato operato dai demoni uomini-bianchi, e di film del genere ce ne sono proprio parecchi. Allora ho voluto legarmi al programma di storia, all'arrivo degli europei in America e di come consideravano gli indigeni, quindi ho fatto vedere il film e poi ho fatto la verifica con tre domande riflessive. Passando al film, è davvero meglio di quanto mi immaginassi. La fotografia, il gran numero di comparse, il tema sonoro di Ennio Morricone e la bravura del duo protagonista (Robert de Niro e Jeremy Irons) lo rendono davvero un colossal meraviglioso. Forse un po' troppo lungo e lento secondo gli standard moderni, ma godibilissimo. Voto: 9.
Perdiamo molte posizioni, di questo passo finiremo fuori. Chissene, ovviamente, però voglio vivere la cosa come una tragedia e maledire i supermod, che comunque se lo meritano.
Spesso, per ritornare alla mia casa prendo un'oscura via di città vecchia. Giallo in qualche pozzanghera si specchia qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va dall'osteria alla casa o al lupanare, dove son merci ed uomini il detrito di un gran porto di mare, io ritrovo, passando, l'infinito nell'umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio che bestemmia, la femmina che bega, il dragone che siede alla bottega del friggitore, la tumultuante giovane impazzita d'amore, sono tutte creature della vita e del dolore; s'agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia il mio pensiero farsi più puro dove più turpe è la via.
Lettura:
So che Saba non è molto amato al giorno d'oggi, e in questo forum è stato anche osteggiato, ma io ho un debole per lui. Certo, sono poesie semplici, con un tono medio, senza scossoni, però sono belle, piacevoli, rilassanti... Perciò "Forza Saba" e vaffanculo Enrico Varriale!
Ho letto Racconto di un naufrago di Gabriel García Márquez, regalatomi dall'ex utente Fanciullo Orsù:
La copertina non c'entra assolutamente niente con il libro. Sostanzialmente questo romanzo sarebbe la raccolta di vari episodi che il giovane giornalista Gabriel García Márquez realizzò su un giornale locale, intervistando un naufrago diventato famoso per la sua storia ma poi osteggiato dalla dittatura colombiana perché nel racconto denunciava alcune illegalità compiute dalla marina. Per quanto nasca come approfondimento giornalistico, lo stile non è cronachistico, anzi l'autore decide di scrivere usando l'io narrante dell'intervistato. Il risultato è felice, perché di fatto è un racconto piacevole, godibile. García Márquez fa grande atto d'umiltà nell'introduzione, in cui dice che il naufrago Luis Alejandro Velasco è un narratore nato e il suo stile è avvincente, quindi lui ha fatto poco o nulla perché il materiale lo aveva già pronto. In realtà, io che ho letto vari suoi libri, ritrovo pienamente il suo stile, che è asciutto ma elegante, scorrevole ma grazioso, e a me piace tanto. Forse la cosa che mi piace di più è che arriva al punto senza bisogno di inutili digressioni. Legandomi a quanto detto poc'anzi, devo ammettere che credo a ben poco di quanto raccontato, perché sembra una narrazione troppo perfetta: ogni giorno accade una cosa memorabile, quindi ogni giorno è perfetto per un episodio del giornale, che diventano capitoli di 7-8 pagine. Ma questo, d'altra parte, che problema dà? Nessuno! Questo libro lo reputo un romanzo e l'ho letto come tale. Opera pubblicata nel 1970 (autore 42enne) ma scritta originariamente nel 1955 (autore 27enne). Per amor filologico, sarebbe bello vedere quanto sia cambiato dalla prima stesura per il giornale alla stesura per la pubblicazione libraria. Se è cambiato poco, García Márquez è davvero un genio; se è cambiato molto, lo è lo stesso ma un briciolo meno. Lettura che consiglio.
Veduta dell'Ararat (5.137 m. s. l. m.) dall'Armenia:
Quando, nel Medioevo, gli armeni vedevano questo antico vulcano, tornando in Armenia dai loro commerci, si facevano il segno della croce, in quanto si dice che l'arca di Noè si fosse arenata sulla sua sommità. Numerose spedizioni archeologiche hanno cercato di trovare i resti dell'arca, ovviamente fallendo miseramente. Ciò non toglie che un territorio azero che si trova alle sue pendici si chiami Naxçıvan, letteralmente "gente della nave".